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CUORE DI SEPPIA

Journal of poetry - ART - SPIRIT - LIFE



lunedì 28 marzo 2011

c e s i D I O


Insegnava nella mia classe
e dal primo banco gli sorridevo.
Tracciava linee svelte su un foglio immacolato,
strappi di seta tropicale,
un vortice azzurro
in forme d’acqua e carbone,
credevo fosse Dio.
Con le pupille stagne di un mostro marino.
L’ho rivisto qualche giorno fa.
Del tutto vecchio
e perciò solo.
La pelle di un serpente cavato dal paradiso.
Chissà che ne farà delle sue mani. Un giorno.
Quanto vorrei che le lasciasse a me.

domenica 20 marzo 2011

Finché binario non ci separi


I miei coetanei in Svezia sono tutti già fuori di casa. Laureati, sposati e con prole numerosa al seguito. Se provano a temporeggiare, è la mamma che fa loro le valigie e li spinge ad andare via. A 20 anni prendono casa da soli e si fanno una famiglia. Questo è il modello che incontri per strada, che vedi pubblicizzato in tv o sulla metro. E poi c’è John, che conosco per caso sul treno. Inglese di nascita, svedese di adozione, ha quasi 50 anni e non si è mai sposato. Da tempo vive una storia a distanza e solo ora si è convinto a fare il grande passo. E’ diretto a Sud, dove vive la sua donna. La chiederà in moglie con una dichiarazione a sorpresa. Ha le fedi in tasca e per bagaglio un abito da sposa, che mostra a tutti con orgoglio durante il viaggio. Se lei dirà di sì, c’è un taxi che li aspetta per portarli in chiesa. Ce ne avrà messo di tempo, ma alla fine ce l’ha fatta. Speriamo solo che il suo matrimonio non arrivi mai al capolinea.


Pubblicato su A, num.12, marzo 2011

martedì 15 marzo 2011

8.9


Pensavo fosse il tempo della risacca,
della pausa dopo una corsa affannata
quando non basta che il silenzio
per riprendere fiato.
Ma me ne vado inquieta ancora,
per questo cielo che è un deserto.
I passi incerti,
il cuore disorientato.
È una sfinge l'angoscia.
Un mostro di ruggine che scava in mezzo all'anima
un cratere di fango.



Foto by Vee Speers

sabato 5 marzo 2011

Il sacro fuoco dell'arte


La città del Colosseo ha il suo museo d’arte contemporanea. Nel quartiere Flaminio ha aperto i battenti il futuribile Maxxi. La struttura, ideata dall’architetto anglo-iracheno Zaha Hadid è un capolavoro di forme sinuose e accattivanti, che prosegue all’interno in uno snodo di ampi spazi allestiti. Superata una chiassosa scolaresca in gita nella capitale, faccio anch’io il mio biglietto e inizio la visita. Sebbene l’intento artistico di qualche installazione mi sfugga, adotto ogni stratagemma per non darlo a vedere: resto immobile davanti all’esemplare di turno, ne valuto con finta espressione critica le forme e annuisco compiaciuta prima di passare oltre. Poi d’improvviso vengo smascherata. Sono assorta in contemplazione quando una donna si avvicina. Mi bisbiglia qualcosa riguardo all’opera che ho di fronte: “Quello è solo un estintore” dice. Ed io che già pensavo a una creazione concettuale. Così arrossisco e mi dileguo, ma una volta fuori comincio a riderci su.


Pubblicato su A, num. 1/2, gennaio 2011
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