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CUORE DI SEPPIA

Journal of poetry - ART - SPIRIT - LIFE



giovedì 22 dicembre 2011

Have yourself a Merry Little Christmas

Ho il naso che mocciola e le mani viola dal freddo che fa. Quassù in soffitta impacchetto i regali. Ho del nastro a pois, raso e fiori di carta stellata. Coccarde e fili d’oro. Bottoni gialli. Le bambole di pezza mi fanno compagnia. E ci giocavo da piccola, ma poi sono cresciute anche loro. Due pezzi duri di cioccolata nera sulla lingua. A sciogliere la notte che nel cuore vorrebbe farsi strada. Quello che posso dire è sulla punta delle dita. Di perdervi vi auguro. Di sbagliare, e più volte. Di fare fatica. Di arrancare e chiedere scusa. Di inciampare e cadere sulla breccia. Di sbucciarvi le ginocchia. 
Di partire e restare a lungo lontani da casa. 
Solo così potrete averne una.
Natale sia, amici miei. L’azzurro già m’incendia.
Con tutto il mio cuore {di seppia}, Sara.


In foto: Double Carousel by Carsten Höller

martedì 13 dicembre 2011

Ogni libro è una rivoluzione. cit.

"La letteratura genera insoddisfazione e l’insoddisfazione è il motore del progresso. La letteratura è uno strumento fondamentale della libertà". Con le parole di Vargas LLossa, premio Nobel per la Letteratura nel 2010, apro la cerimonia di premiazione del concorso 6 libri per 6 followers.
Ringrazio tutti voi, uno per uno, per aver cercato del tempo, dedicato un momento, prezioso, della vostra giovane vita, al mio blog e quindi a me. Leggendo le pagine della vostra storia, ho conosciuto anche voi. Ho passeggiato sulle righe dei libri che vi hanno emozionato e tenuto compagnia. Se mettessi insieme i vostri passi, otterrei un romanzo picaresco con fanti, cavalieri e donne di una indicibile sensualità.
Ringrazio i seguaci affezionati e quelli approdati da poco sull’isola delle seppie. Ringrazio gli anonimi, di cui però so già qualcosa in più e, soprattutto, gli amici veri come Betta e Milena.
Ringrazio Ivano, perché si è arrampicato fin quassù. Lontano dai suoi boschi, orientato a perfezione tra montagne di parole.
Grazie, grazie, grazie.
Scegliere è stata più dura di quanto avessi potuto immaginare al principio. Eppure ci sono.
Ho scelto le citazioni che mi hanno tenuta incollata allo schermo, che mi hanno lasciato addosso una curiosità febbrile e contagiosa. Quelle di cui non sapevo e che hanno incantato anche me.
Premio per questo Onda, giac.ynta e Marta
La citazione che ho preferito è però quella di Henry Chinasky. Non è tra i miei followers ma tant’è, un libro per lui lo trovo. Eccome.
Per cui alla fine 7. [Li chiameremo fortunati].  
Ragazzi contattatemi e inviatemi entro lunedì il vostro indirizzo postale.
Auguro a tutti voi buona serata.
Grazie di cuore [di seppia], Sara!

venerdì 2 dicembre 2011

[ 6 Libri in cerca di lettore ]

[...] Margherita aveva sognato un sito sconosciuto, desolato, triste, sotto il cielo fosco della primavera precoce. Aveva sognato quel cielo grigiognolo, pezzato di nuvole trascorrenti e sotto uno stormo silenzioso di cornacchie. Un piccolo ponte rozzo, sotto di esso un torbido fiumicello primaverile. Alberi malinconici, stenti, semispogli. Una tremula solitaria e più lontano, fra gli alberi, al di là di un orto, una casupola di tronchi, forse una cucina isolata, oppure un capanno da bagno o sa il diavolo che cosa! Tutto intorno un non so che di morto e di così triste, che veniva voglia d'impiccarsi a quella tremula vicino al ponticello. Che sito infernale per una persona viva!

(IL MAESTRO E MARGHERITA, MICHAIL BULGAKOV)


Ciò che mi trattiene dallo scrivere un libro non è imputabile alla mia persona. Ma al Genio degli altri. E Bulgakov si può solo odiare a morte. Ci vuol coraggio a pensare di poter scrivere, pensare di poterlo fare per mestiere, col fiato del caro Michail sul collo.
E voi? Avete un libro del cuore?.
Fatemi venir voglia di comprare il vostro libro.
Io in cambio ve ne regalo uno. Come?

6 libri per 6 followers. Questo è quello che ho immaginato di fare per ringraziarvi e per augurarvi Buon Natale. Partecipare è semplice. Dovrete lasciare un commento sotto questo post, trascrivendo l’incipit, o un passo significativo, del libro che amate di più. Tra tutti i followers [anche quelli che vorranno aggiungersi] che avranno lasciato il proprio commento, sceglierò 6 vincitori. Potrete partecipare fino alle 14:00 del 13 dicembre, così avrò tempo per comunicare i miei preferiti e spedire i pacchi.
Questi i titoli che ho pensato:

Trilogia della città di K, Agota Krtistof
La città dei ladri, David Benioff
La casa degli Spiriti, Isabel Allende
La Mennulara, Simonetta Agnello Hornby
Una solitudine troppo rumorosa, Bohumil Hrabal
Il Maestro e Margherita, Michail Bulgakov.

Buona fortuna!

sabato 26 novembre 2011

Non tutti i mali... [?]


“Una boccata d’aria”. Così il quotidiano svedese Dagens Industri sigla in prima pagina l’uscita di scena del Cavaliere. Poche righe di commento e sullo sfondo uno sgargiante tricolore. Per una volta la stampa scandinava non le manda a dire. E, mentre il Ministro delle Finanze Anders Borg considera la “ritirata” benefica per l’economia del bel paese, il famoso vignettista Riber Hansson, ritrae l’immagine di un inedito Berlusconi-pesce boccheggiante in una vasca senz’acqua. Così a sorpresa, i giudizi più clementi sono quelli degli italiani. Di quei precari finiti in Svezia perché in Italia i sogni non prendevano forma. Dario. Un dottorato di ricerca e la valigia sotto il letto, ce l’ha fatta. Quando mi parla dei suoi successi sorride: “vuoi vedere che alla fine mi toccherà pure dire grazie?”.


Pubblicato su A, num. 48, dicembre 2011

domenica 20 novembre 2011

Qualcuno con cui correre ...


Siamo in troppi, sono in troppi. Troppi, Troppo simili. Che ci fanno tutti qui? Questo starsene in piedi, seduti, parlare. Non c’è neppure un tavolo da biliardo, delle freccette, niente. Semplicemente un gran cazzeggiare, perdere tempo, bere birra da boccali di vetro spesso… Ho messo a repentaglio la mia vita per questo? Urge che accada qualcosa. Qualcosa di grosso. La conquista di qualcosa, che ne so, di un edificio, una città, un paese. Dovremmo tutti armarci e conquistare dei piccoli stati. Oppure dovremmo organizzare dei tafferugli. Oppure no, delle orge. Ecco, ci dovrebbe essere un’orgia. Tutta questa gente. [...] Come possiamo starcene qui a parlare di nulla, invece di correre come un'unica fiumana di gente verso qualcosa, qualcosa di enorme, e ribaltarlo? Perché ci diamo la briga di venire qui in così gran numero, se poi non appicchiamo nemmeno un incendio e non facciamo a pezzi tutto quanto?

Dave Eggers, L’Opera struggente di un formidabile genio

E voi, cosa aspettate che accada?
Cosa aspettate nel farlo accadere?


Photo by Yee Whye Tuck

mercoledì 2 novembre 2011

oziosa* .. eppur di rado


Un bagno caldo senza schiuma e i capelli sciolti
e un respiro profondo.
Sott’acqua.
Approsimativamente dispersa.
La pioggia di novembre e le maree.
L’ultima bustina di the.
Liquido di oscillazione.
Mirtilli e fragole.
Diario Notturno {pag. 37}
Se non ci fosse Etta James.
I’d rether go blind.
Provate a capire.

venerdì 21 ottobre 2011

Una gita (al) verde


Quando scendo dal treno, la cosa che più mi sorprende è il silenzio. Il centro è a soli 10 minuti, eppure il traffico qui non risuona. Hammarby Sjostad per gli svedesi è un vanto. Convertire il distretto industriale nel quartiere ecologico più all’avanguardia del mondo non è da tutti. Gli autobus sono elettrici. L’acqua del lago Malaren e i pannelli solari sulle facciate delle abitazioni forniscono energia elettrica sufficiente. Mentre i rifiuti, riciclati o avviati a combustione, producono calore necessario per il riscaldamento domestico. Passeggio scalza sul pontile e penso a quanto mi piacerebbe vivere qui. Tutto è pulito, rinnovabile, sostenibile. L’unica cosa poco sostenibile è l’affitto medio di un appartamento. Qui essere al verde costa.



Pubblicato su A, num. 43, ottobre 2011

venerdì 7 ottobre 2011

Molto affamata, non abbastanza folle ...

Proseguiamo. Tutto è provvisorio. L’insegna del tempo è temporanea. Laddove vorrei essere soprattutto, sono invece assente. L’epoca ronza come un calabrone, in uno strano stato di non-sul-serio. L’incertezza se esistiamo o meno. Stabilmente. Realmente. Se abbiamo lasciato un solco. Il mondo batte i denti come in un attacco di malaria. Il sole tramonta, opalescente.



da Piotruś, di Leo Lipski

domenica 25 settembre 2011

N a d i a


Mi stringeva forte e le mostravo come andare in bici. Sulla mia. Quella rosa senza più rotelle, regalo di papà. Le tenevo la mano quando aveva paura dei mostri. Secondo i suoi calcoli dovevano aver infestato il corridoio di casa cibandosi del buio. Così lasciavo la luce accesa anche di notte, perché uno spicchio di quella arrivasse al suo letto. Per un po’ le bastò la luna. Poi, sempre più spesso, al mattino la ritrovavo accanto a me. Sonnecchiante e soddisfatta. Di quell’incursione riuscita, studiata. Il mio cuscino sapeva di mandorla. E di lei, non di me. Ai pupazzi che ricucivo tagliava la testa. Li aveva incisi tutti, tranne Barbie sirena. La risparmiò per sfilarle le braccia. Ero fiera di lei. Non chiedeva mai. Non ne aveva bisogno. Nessuno al mondo avrebbe potuto mai ottenere da me quello che lei sapeva avere con poco. Era selvatica e filata col miele. Libera. Ho sempre percorso alla cieca ogni strada. Voltandomi a ogni passo sperando che lei ci fosse ancora. Le cedevo il mio posto sull’altalena. Tiravo le corde fino a farle mancare il fiato. Così le piaceva. E restavo a guardarla per ore, stanca, pur di lasciarla giocare da sola. Toccava per prima il portone di casa e per prima abbracciava mia mamma. Ho sempre cercato di darle l’esempio, è sempre stata lei ad insegnarmi qualcosa. E penso all’estate fresca e alla terra, al 1990 e alla terrazza che non finiva mai, mentre la sento gridare. Dall’altra parte del vetro. In una sala travaglio. Chissà se vede il cielo da lì. Io lo cerco da una finestra aperta del reparto. La notte segna il tempo del mistero. La prima stella cadente il miracolo.
L’amore che avevo per Lei adesso è duplicato.

venerdì 16 settembre 2011

Cartolina dal Futuro


Secondo le ultime statistiche dell’Unione Europea, la Svezia è tra i paesi che destinano il maggior contributo pubblico alla ricerca e allo sviluppo. Circa il 4% del suo prodotto interno lordo, infatti, finisce nelle casse di musei, circoli artistici e scuole. La notizia non mi coglie di sorpresa. Ne prendo nota mentre sorseggio un cappuccino sulla terrazza panoramica del Kulturhuset. Un palazzone in vetro adibito a “Casa della Cultura”. “Investiamo nei piccoli per un futuro grande” è lo slogan che giganteggia sui muri dell’edificio. Cinque piani di spazi dedicati alla lettura, allo svago e all’arte. Dal teatro, con rappresentazioni di opere contemporanee, alle gallerie fotografiche, dalla sala degli scacchi, alla biblioteca di fumetti manga. Al pianoterra c’è una fornita emeroteca. Da qui passo in rassegna i quotidiani del mondo senza spendere un soldo. Leggo anche che in Italia l’Accademia della Crusca è a rischio chiusura. Scuoto la testa. Non vedo l’ora di voltare pagina.


Pubblicato su A, num. 38, settembre 2011

giovedì 15 settembre 2011

8372


[...]
Credono forse
davvero
che siamo vivi
noi che stiamo qui
e da questo luogo
parliamo così
come se davvero fossimo vivi
Davvero pensano che si chiami salute
davvero pensano che si chiami ragione
ciò che in noi è rimasto
della salute e della ragione di un tempo?

Non vedono, non sentono forse
non sanno forse che noi,
quelli rimasti, siamo più morti di tutti
i nostri morti, e che qui oggi, con la loro voce,
la voce dei nostri morti, dalle loro gole,
gridiamo e con il loro grido - noi parliamo?

Non ci permettete di
guardare al passato!
E noi non lo guardiamo, ma è lui a guardarci!

Voi dite:
guardate al futuro!

Ma noi, nessun
futuro in nessun luogo
riusciamo a vedere
né vediamo che lui
con un sol occhio
guardi noi
e neppure che ci veda
e che di noi si preoccupi
.

da Le lacrime delle madri di Srebrenica
di Abdulah Sidran


Vi è capitato mai di passare oltre? Di attraversare la strada alla vista di un vecchio scalzo col berretto pieno di spiccioli rosa? Di far finta di niente? Di tacere una verità importante per convenienza? Alzare il volume delle cuffie per seppellire le urla della coscienza?
Che male che fa a me, ogni volta.
Mi lacera e dilania e brucia come sale su una ferita liquida che arde.


In Bosnia si continua ad aspettare.

venerdì 19 agosto 2011

Piccole tate crescono


Come molti miei coetanei a digiuno dal posto fisso, alle prese con orari flessibili ed impieghi part-time, anch’io quest’anno riciclo le ferie: mi prendo una pausa per lavorare. Protezione spf 50, bikini ed occhiali da sole, la mia divisa non richiede altro. Sette e 11 anni l’età dei miei datori di lavoro per i quali ho preso un volo di sei ore dall’Italia. Non c’è sveglia o orario stabilito. La giornata è scandita da una serie di tuffi in piscina e gelati assaporati all’ombra di una palma.
A pochi passi, l’acquario più grande d’Arabia. Squali, razze e pesci scorpione sfilano ogni giorno minacciosi dall’altra parte del vetro. Mario resta incantato dai delfini. Mary prende accordi con l’istruttore per l’immersione nelle vasche. Io per un po’ faccio fatica a lasciarmi andare. Ad abbandonarmi all’idea che non c’è treno da prendere, nessuna pratica d’ufficio in sospeso. Poi slaccio l’orologio e raggiungo i piccoli in acqua. Prima avrei saputo tutto sul moto delle onde, ora so come cavalcarle.


Pubblicato su A, num. 34, agosto 2011

domenica 7 agosto 2011

n o n d i s o l o s u s h i


La parata del Gay Pride ha diviso in due la città. Sospeso per qualche ora anche il 69, l’autobus che avrebbe dovuto riportarmi indietro dopo una giornata passata a sgambettare per le vie del centro. E invece niente. Buste della spesa in spalla, dopo la metro, un bel tratto (in salita) a piedi e poi finalmente Gardesgatan. Un’occhiata amara al vuoto che l’albero di noce ha lasciato dopo essere stato abbattuto e poi a casa.
Non so quale ne sia la ragione, che abbiano qualità benefiche o vagamente allucinatorie, il punto è che ogni volta che entro in contatto col cardamomo e la cannella si ravviva in me un vorticoso stato di pace, l’aponìa, alla quale Epicuro accennava farneticando, una perpetua estasi di Santa Teresa.
Fatto sta che ho ceduto. E non solo alla kanel. Serata memorabile da Herman’s (vi dice niente?). Vista impagabile, ambiente intimo e frizzante allo stesso tempo, cibo (tutto rigorosamente vegetariano) da lode con menzione di lode e lode perché la menzione era da lode. Sto programmando il ritorno, mi sembra doveroso. In compenso Akki Sushi è/ha chiuso. Spaesamento totale, un’incredibile voglia di mandare a fanculo qualcuno, respiro zen, posizione della rondine in picchiata, ripiegamento delle forze voraciche da Roppongi.
Ci proverò a tradire il miglior rivenditore di riso scotto e pesce crudo di Stoccolma. Chissà se ne saranno all’altezza. Ora vado. Causa pioggia (forse) imminente scatta il piano B. Che non è un piano di fuga. Stavolta.

sabato 6 agosto 2011

H E J H E J


Treno.
Navetta.
Flight DY4358.
Arlanda express.
Di nuovo a casa.

venerdì 15 luglio 2011

Un paradiso (poco) naturale


Dubai è una città senza mezze misure. Per molti luogo delle meraviglie, per altri un'accozzaglia di vertiginosi grattacieli. La città con il più alto tasso di urbanizzazione al mondo è un cantiere aperto. Lungo la strada che faccio ogni giorno, ad esempio, costruiscono spiagge. Mare azzurro e battigia candida.. poi vedo i miei piedi imbrattati. La chiamano sabbia, eppure ha tutta l'aria di una lunga distesa di calce.


Pubblicato su A, num. 29, luglio 2011

mercoledì 29 giugno 2011

E A U


A Dubai.
Per lavoro o forse no.
Tata di Mario e Maria Francesca.
A spasso per la città.
Mano nella mano.
Abbiamo offerto al dio Cupido "quello della freccia dell'ammore" un castello di conchiglie viola e due torri normanne sentinelle del tempo.
Ho fatto finta di svenire in acqua ripetute volte purché accorressero felici in mio soccorso.
Mangio patatine fritte e watermelon juice. Datteri e chocopops senza latte a colazione. Una dozzina di ringo prima di andare a dormire. Il più piccolo mi insegna a tenerli in bocca interi fino a farne una schifosa poltiglia succosa.
Fichissimo!
Eh sì, "Fichissimo" e "Scialla" li ho aggiunti al vocabolario.
Tengo il costume bagnato sotto i vestiti perchè fa figo e posso rituffarmi in piscina appena finito il pranzo. Fantastico con loro di solcare i mari dei Caraibi su una barca a vela, nonostante annaspiamo in tre su un materassino sgonfio verde bottiglia.
Ho spento il cellulare e non ho altro per la testa in questi giorni se non una gran voglia di lasciar correre tutto, non preoccuparmi di niente, perché nulla potrei avere adesso per essere felice. Ho due formidabili compagni d'avventure con la pelle scottata e qualche dente che penzola già.

domenica 19 giugno 2011

F r e cc i a r o ss a


Stampo i biglietti. Li tengo insieme tra le pagine dure di un’agenda mai usata. La porterò con me, perché forse nel viaggio avrò voglia di scrivere. E lo penso ogni volta, ma poi non ne ho. Rimane lì, sul fondo della sacca nera del Moderna Museet.
Col pigiama improvvisato da una vecchia tuta grigia e lo spazzolino che sa di casa quando a casa non è. Quindi Roma. La stazione è un formicaio infestato. Un vorticoso brulicare di teste a colori. Di valigie piene fatte in fretta, di tipi svelti con la voglia di cambiare, di partire, di lasciare indietro qualcosa che fa male o magari no. Di gente che saluta. Fa cenno con la mano che è ora. Che è stato bello. Che non importa. Che ci sarà ancora una prossima volta. Che Ciao, ci rivedremo, promesso. E perché no. Uno schieramento di forze asciutte che tolgono l’aria. Una minaccia. Un’onda cieca che trascina con sé. Un’ostruzione ruvida che ormai è già fuori. Al di là da me. Che dal posto finestrino della carrozza 9 in partenza sul binario 7 sono quasi al sicuro. Uno strattone. Un primo accenno. In movimento.
Il treno va. E per tre ore sarà così. Il paesaggio scivolerà sul vetro, ogni vagone avrà il suo pezzo di cielo, il passeggero che mi sta affianco il meritato riposo. Nessuno mi aspetta. Parto per incontrare qualcuno che non sa del mio arrivo. Non lo immagina, non sospetta di nulla. Parto perché Laura mi è rimasta nel cuore. E se posso farle una sorpresa oggi che il suo compleanno, non c’è vecchia rotaia di questo pazzo mondo che ci tiene lontane a poterlo impedire. Diretta a Nord. Contro ogni legge fisica che non sia d’attrazione. Un calamita libera scampata alla gravità. 300km/h, 4 minuti di ritardo, Milano Centrale. Che strano che fa. Appena piove. Una carica elettrica attraversa le dita. Lei arriva. Salto fuori. Ed è festa. Fino all’alba così. Come se niente ci avesse divise mai. Come se nulla fosse davvero cambiato. Ogni cosa fosse al suo posto, di nuovo. Un respiro profondo. Prima di tornare ancora. Fare indietro il tragitto. Ore di sonno mancate. Un ricordo magnifico in più.


Image by Jesper Waldersten

lunedì 6 giugno 2011

Ipotesi di insonnia


È una notte che rimugino nel buio.
Ci riprovo.
Mi concentro..
Respiro profondo // Respiro profondo
Nessuno sbadiglio.
02:00
Mia nonna lo diceva sempre che chi è stanco poi non dorme e se non dorme gli s’accozzano i nervi: "Io ce li ho già i penzieri miei" strillava "pe’ quelli nuovi non c’è mica spazzio". Agitava quelle mani in aria, s’allacciava il grembiule e tornava a cantare..
I me di de mo da mur.. Je vuà la vi e Rose.
"S’è affacciata?", chiedeva: "S’è affacciata?". La secca del secondo piano al ritornello compariva sul balcone, minacciava con pupille di malocchio e col manico di scopa assestava i colpi al pavimento. A me sembrava che tenesse il tempo. "Non regge che parlo il francese", sosteneva quella vecchia che trent’anni prima aveva spinto forte per far uscire mia madre. Ancora uno.
Ancora uno. All’ennesimo sforzo l’aveva ricacciata alla luce. Una lucertola nera. Un’erba amara sradicata. Ho sempre saputo di lei. Delle sue dita fragili, della sua malattia. Di quei lamenti trascinati a stento e incatenati al cielo. Non era che una pazza.
Ora è un’ombra. Aderente alla mia.
04:00
Nessuno sbadiglio.
Respiro profondo // Respiro profondo
Mi concentro..
Ci riprovo.
È una notte che rimugino nel buio.



Image by Barbara Giorgis

domenica 29 maggio 2011

Niente esami, siamo svedesi !


A differenza di quello italiano, il sistema scolastico svedese non prevede esami di maturità. Tutto quello che un giovane deve fare per diplomarsi è spassarsela l’ultimo giorno di scuola insieme ai compagni di classe. Si chiama Studenten ed è il party a cielo aperto con il quale fino a notte fonda i ragazzi di Stoccolma dicono addio per sempre ai banchi del liceo. Dopo una colazione alcolica a base di champagne e il saluto ai professori, al suono della campanella ha finalmente inizio la festa. Le ragazze in rigoroso abito bianco e i cavalieri in completo blu e berretto da marinaio, raggiungono le vie del centro per sfilare sui grandi carri affittati per l’occasione. C’è chi strizza l’occhio ai passanti e chi lancia baci alla folla incuriosita. Per ore si dimenano in danze sfrenate sui palchi itineranti e poi al tramonto si ritrovano nei club. Non avranno le occhiaie di chi ripassa Ovidio, né l’incubo della terza prova, però non c’è che dire: la maturità se la sudano anche loro.


Pubblicato su A, num.22, giugno 2011

sabato 21 maggio 2011

c o n - t r a p (p) a s s o


Per chi si stesse chiedendo come mai non dia segni di vita, per chi fa capolino sul mio blog e non trova aggiornamenti, per chi tutto sommato non si sta neanche tanto male senza Cuorediseppia: eccomi qua!
Che saltello sul letto allentando le molle.
Sono qui! Come un pesce lunare estratto appena dall’acqua.
Al volteggio con un triplo carpiato. Guizzo in aria che è una gioia.
Quasi volessi, con un balzo, prender fiato e poi tornare in apnea.
Ci sono! Tutta intera per ora.
Muscoli tesi, ore di sonno arretrato e un’agenda che scoppia.
La mia dolce estate ha il sapore della vendetta.
Tanto ho oziato placidamente in questi anni, tanto ora arranco.
Il mio lavoro. Il colloquio per un master che sogno.
Il matrimonio della mia migliore amica, la laurea di Ro.
I pezzi in coda da inviare al giornale.
Le nuove storie da collazionare.
Un nipotino che galleggia ancora e fra poco mi farà ciao.
Una chiamata importante. Un impiego a Dubai.
Fino ad agosto non ho programmi.
Sono stata programmata.


In foto: Ed Ruscha, Then and Now

lunedì 9 maggio 2011

Ahi serva Italia

- Qui è così, è sempre stato così, funziona così!
E all'improvviso realizzi che non sarai tu a cambiare il mondo.
Non da un piccolo ufficio, di un piccolo Comune,
di un'Italietta sfracellata.
Nonostante i tuoi sforzi, non sei l'Altissimo.
Ti diranno che è giusto fregarsene, chiudere un occhio,
passarci sopra.
Lo fanno tutti.
Assenteisti, inadempienti, disonesti, macché! Impiegati.
E tu stagista.
Un ideale ostinato e gli occhi gonfi di lacrime.
Non chiedetemi perchè voglio andare via,
potrei domandarvi cosa vi trattiene ancora qui.

martedì 3 maggio 2011

[ Oltre le gambe c'è di più ]


Le svedesi non devono chiedere mai. E non perché siano belle da far invidia. Il paese in cui vivono continua ad offrire loro innumerevoli possibilità di affermazione personale, l’accesso alle più alte cariche pubbliche e un’adeguata riconoscenza sociale. Sono mamme e donne in carriera, ai vertici di grandi multinazionali o impegnate nella politica (la metà dei membri del Parlamento è composta da donne). Con una consapevolezza di sé acquisita fin da giovanissime e sulla quale investono nelle relazioni con l’altro sesso. Il mito della ragazza facile e disinibita, preda arrendevole di fronte alle avances del maschio latino, non è che un’illusione. Le giovani di Stoccolma difficilmente si lasciano avvicinare o assecondano scontati approcci. Odiano i compromessi e, quando vogliono, sono loro a guidare il gioco. Qui non fa paura, tutto questo potere declinato al femminile. Nemmeno a me che le osservo ammirata. Per adesso non c’è Ruby che tenga. Viva le donne! Viva le belle donne!

In foto: Frida Gustavsson

venerdì 22 aprile 2011

nON è uN pAEse PEr veCcHI ..


Secondo una ricerca di Save the Children, la Svezia è tra i migliori paesi al mondo in cui avere bambini. Il governo svedese è infatti tra quelli che destinano il maggior contributo pubblico ai servizi per l’infanzia. È per questo motivo che in città è così frequente incontrare coppie giovani con prole numerosa al seguito. Me ne accorgo una domenica al museo. Sono in coda per un biglietto quando li vedo arrivare. In fila, una schiera di critici in erba si fa spazio tra le sale allestite e con fare esperto inizia ad osservare le tele. Il progetto prevede che i piccoli si avvicinino all’arte in modo divertente. Così, ad ognuno di loro viene consegnato un album da colorare e un questionario da riempire alla fine della visita. Saltellano da un’opera all’altra con una semplicità che non conosco. Li invidio un po’ mentre cerco di distinguere un Kandinskij da un Mirò. Invidio un po’ meno i loro genitori: non potranno più prendersela con i figli quando imbratteranno le pareti di casa.


Pubblicato su A, num.17, aprile 2011

domenica 10 aprile 2011

Il flirt è servito


Insoddisfatto della tua vita coniugale? Ha en affar, trovati un amante! Così recitano i manifesti pubblicitari che da qualche giorno tappezzano le vie di Stoccolma. La promozione riguarda un portale di incontri online dedicato a persone sposate che non vedono l’ora di cornificare il proprio partner. Niente imbarazzi, nessun corteggiamento, per tradire basta un click. Il gioco funziona così: si sceglie un nome di fantasia, una foto che nasconda sapientemente i tratti del viso, ed è fatta. In base alle proprie preferenze si viene messi in contatto con l’amante perfetto. Nonostante la trovata semplifichi la vita agli adulteri incalliti, c’è però un inconveniente: l’anonimato è garantito, la scappatella no. Il rischio è quello di ritrovarsi a cena con il proprio coniuge, non con un aitante sconosciuto. L’amore ai tempi del web riserva sorprese, a questo gli svedesi non hanno pensato. Forse un giorno capiranno la lezione: tra moglie e marito meglio non mettere il sito.


Pubblicato su A, num. 15, aprile 2011

mercoledì 6 aprile 2011

Un anno fa (melico)


Non ho sembianze che di seppia,
mollusco lattescente e crudo.
Albume elastico,
tra l’ovulo e il siluro.
Nervosa e liquida,
equatoriale e opalina.
Lacuna mistica.
Sacca di lividi.
Una valva acquatica,
il cuore di inchiostro.

Un anno fa nasceva questo blog. Un taccuino di intenti.
Il racconto di un viaggio. Della mia vita tracciata a matita.
Dal ventre di una donna nasce la poesia.
Dal cuore di una seppia il nero fertile di una stampante arrugginita.
Grazie per essere passati di qui.
Scrivo per incontrarvi. A metà strada.


Foto by Paolo Rudelli (Ink, 2002)

lunedì 28 marzo 2011

c e s i D I O


Insegnava nella mia classe
e dal primo banco gli sorridevo.
Tracciava linee svelte su un foglio immacolato,
strappi di seta tropicale,
un vortice azzurro
in forme d’acqua e carbone,
credevo fosse Dio.
Con le pupille stagne di un mostro marino.
L’ho rivisto qualche giorno fa.
Del tutto vecchio
e perciò solo.
La pelle di un serpente cavato dal paradiso.
Chissà che ne farà delle sue mani. Un giorno.
Quanto vorrei che le lasciasse a me.

domenica 20 marzo 2011

Finché binario non ci separi


I miei coetanei in Svezia sono tutti già fuori di casa. Laureati, sposati e con prole numerosa al seguito. Se provano a temporeggiare, è la mamma che fa loro le valigie e li spinge ad andare via. A 20 anni prendono casa da soli e si fanno una famiglia. Questo è il modello che incontri per strada, che vedi pubblicizzato in tv o sulla metro. E poi c’è John, che conosco per caso sul treno. Inglese di nascita, svedese di adozione, ha quasi 50 anni e non si è mai sposato. Da tempo vive una storia a distanza e solo ora si è convinto a fare il grande passo. E’ diretto a Sud, dove vive la sua donna. La chiederà in moglie con una dichiarazione a sorpresa. Ha le fedi in tasca e per bagaglio un abito da sposa, che mostra a tutti con orgoglio durante il viaggio. Se lei dirà di sì, c’è un taxi che li aspetta per portarli in chiesa. Ce ne avrà messo di tempo, ma alla fine ce l’ha fatta. Speriamo solo che il suo matrimonio non arrivi mai al capolinea.


Pubblicato su A, num.12, marzo 2011

martedì 15 marzo 2011

8.9


Pensavo fosse il tempo della risacca,
della pausa dopo una corsa affannata
quando non basta che il silenzio
per riprendere fiato.
Ma me ne vado inquieta ancora,
per questo cielo che è un deserto.
I passi incerti,
il cuore disorientato.
È una sfinge l'angoscia.
Un mostro di ruggine che scava in mezzo all'anima
un cratere di fango.



Foto by Vee Speers

sabato 5 marzo 2011

Il sacro fuoco dell'arte


La città del Colosseo ha il suo museo d’arte contemporanea. Nel quartiere Flaminio ha aperto i battenti il futuribile Maxxi. La struttura, ideata dall’architetto anglo-iracheno Zaha Hadid è un capolavoro di forme sinuose e accattivanti, che prosegue all’interno in uno snodo di ampi spazi allestiti. Superata una chiassosa scolaresca in gita nella capitale, faccio anch’io il mio biglietto e inizio la visita. Sebbene l’intento artistico di qualche installazione mi sfugga, adotto ogni stratagemma per non darlo a vedere: resto immobile davanti all’esemplare di turno, ne valuto con finta espressione critica le forme e annuisco compiaciuta prima di passare oltre. Poi d’improvviso vengo smascherata. Sono assorta in contemplazione quando una donna si avvicina. Mi bisbiglia qualcosa riguardo all’opera che ho di fronte: “Quello è solo un estintore” dice. Ed io che già pensavo a una creazione concettuale. Così arrossisco e mi dileguo, ma una volta fuori comincio a riderci su.


Pubblicato su A, num. 1/2, gennaio 2011

lunedì 28 febbraio 2011

Un angelo di custode!


Trovarsi sulla porta di casa e accorgersi di non avere le chiavi è un problema. Se poi siete in Svezia, con 17 gradi sotto lo zero, allora è una tragedia. È venerdì sera e dopo aver cenato fuori, io e le mie amiche decidiamo di rincasare. L’Istituto che ci ospita, nel bel mezzo del quartiere diplomatico, è vuoto. Il Direttore è a Parigi e il resto del personale già via per il week-end. Così ci ritroviamo sole, davanti ad un portone chiuso, con i piedi affondati nella neve tentando di escogitare qualcosa. E mentre Laura si dà da fare al telefono, io e Vanessa perlustriamo la zona in cerca di aiuto. Poi all’improvviso, ormai stremate dal freddo, la sagoma di un uomo. Si chiama Diego ed è il custode storico dell’edificio. Ha attraversato per noi la città e finalmente ci fa entrare. Impieghiamo un po’ per riprendere colore, e lui divertito inizia a riderci su: “Questa volta l’avete scampata” dice, ed ha ragione. Noi intanto, per la prossima sapremo già chi chiamare.

mercoledì 16 febbraio 2011

Stock HOME


Ho gli orari del treno.
Della navetta verso l’aeroporto.
Del volo.
Il mio passo all’indietro ha i connotati di un foglio Excel.
Io ci saltello dentro. Per vedere se fa male.
Se quello che c’è stato è ancora. Oppure no.
Se si ricorda di me.
La città vecchia.
La nostra casa con l’albero di noce.
Il tè alla liquirizia, il cardamomo, la cannella.
Non c’è ritorno che non sia un viaggio nuovo.
Così sarà per me.

martedì 8 febbraio 2011

E se fossi felice ?


07:50.
Inforco la bici.
A lavoro.
Sui tetti in oro della mia città gagliarda, galleggia a secco il primo sole del mattino. L’aria sottile e tersa s’avventa a morsi sulle guance. Un taglio infame, di netto sotto gli occhi.
Ai piedi svelti (per certo assiderati) le ballerine dell’estate scorsa. Col fiocco nero, di corda dura, sgrovigliato all’insù.
Sulla lingua ancora acerba, il sale delle fragole di bosco.
Quelle che trovi per caso. Inciampando, che so.
E denso dentro, il desiderio di arrivare al mare. Tutta in discesa.
Veloce. Veloce.
Virando appena, nel caso delle curve. Senza mai frenare.
Una ciambella assaporata in fretta.
Lo zucchero per scherzo sulle labbra.
Cavalletto. Lucchetto. Puntuale.
Per una volta almeno.
Prima di andare di nuovo. Al contrario.
A casa, dopo averla cercata.
Una pedalata dolce.
Una colata di resina.
E nelle cuffie un ritornello cortese.
Di quelli gialli che non fanno più.
Le vent nous portera.
A capofitto.
In un residuo gravido.
Di cobalto.
Blu.

venerdì 4 febbraio 2011

ALBERO MAESTRO


Quasi respirasse più di me. L’aria dentro. L’aria fuori.
Di colpo senza fiato e poi in sospeso. A tremolare nel vento.
A burlarsi di una spina. Un fusto secco a confronto.
Un tronco avaro, senza foglie.
E sarà lì. Domani ancora.
Fino a incastrarmi, lo so.
Perché diventi come lui.
Un nido di ginestre tra i capelli.
La schiena scorticata.
E per cominciamento, la via di casa.

lunedì 24 gennaio 2011

La memoria rende liberi

Il 27 gennaio 1945 il campo di Auschwitz viene liberato.
Per una settimana questo blog resterà in silenzio.
A parlare sarà la memoria dei sopravvissuti.
Ogni giorno un racconto, ogni giorno una voce,
per non dimenticare.


"Non vi è cosa più intatta di un cuore spezzato"
ha detto una volta un grande rabbino. E non vi è popolo più eletto di uno sempre colpito. Anche se non credessi che un tempo Dio ci abbia destinati a diventare popolo eletto, crederei che ci abbiano resi eletti le nostre sciagure."

ZVI KOLITZ
Yossl Rakover si rivolge a Dio

[...] di questo fantomatico numero molti avevano avuto modo di convincersi coi propri occhi: veniva scritto sul polso - girava voce - con dell'inchiostro verde e poi veniva impresso in modo indelebile, veniva tatuato con la punta di un ago particolare, così dicevano. Più o meno nello stesso tempo mi è giunto all'orecchio il racconto dei volontari che erano andati a prendere la minestra. Anche loro avevano visto i numeri, in cucina, e anche in quel caso si trattava di detenuti di vecchia data, ed erano numeri impressi nella pelle. Ma sulle labbra di tutti correva la risposta data da un detenuto, quando uno dei nostri gli aveva domandato che cosa fosse quel numero, e tutti ne analizzavano il significato e la ripetevano continuamente. " Die Himmlische Telefonnummer", ovvero "il numero di telefono del cielo".

IMRE KERTESZ
Essere senza destino

Come se non bastassero tutte le altre disgrazie ce n'è una nuova: la fame non mi lascia dormire. Mi sveglio nel cuore della notte e mi compaiono davanti i cibi più buoni: carne arrosto con contorno di patate, khale con il latte, cetrioli freschi, miele. Ne sento perfino il profumo. E ho una tale voglia di mangiare, da piangere. Mi sforzo di pensare a qualcos'altro ma non mi riesce: davanti agli occhi ho sempre manicaretti dal profumo terribilmne appetitoso. Anche se non ne ho affatto bisogno: in realtà voglio solo del pane, ma una pagnotta intera, da poterne staccare quanti pezzi voglio, senza dover pensare che devo lasciarne un po' per domani.
Sarà mai così?

MASHA ROLNIKAITE
Devo raccontare

La morte per gas durava da dieci a quindici minuti. Il momento più terribile era l'apertura della camera a gas, quella visione intollerabile: le persone, schiacciate come basalto, blocchi compatti di pietra. Come crollavano fuori dalle camere a gas!
L'ho visto parecchie volte. Ed era la cosa più penosa di tutte.
A questa non ci si abituava mai. Era impossibile.
Vomito, sangue. Dalle orecchie, dal naso... Anche sangue mestruale forse, no, non forse, certamente. C'era di tutto in quella lotta per la vita...

CLAUDE LANZMANN
Shoah

Non ci sono demoni, gli assassini di milioni di innocenti sono gente come noi, hanno il nostro viso, ci rassomigliano. Non hanno sangue diverso dal nostro, ma hanno infilato, consapevolmente o no, una strada rischiosa, la strada dell'ossequio e del consenso, che è senza ritorno.

PRIMO LEVI
La ricerca delle radici

lunedì 17 gennaio 2011

EROS/IONE



Ai salsi picchi di un estuario ardente
fra i coralli riarsi
infiori,
ranuncolo salino.
In questo ventre di medusa
una ferita rampicante dilati.
Il taglio di stella ustionante fra le mie insenature.


Foto by Becca Mann

lunedì 10 gennaio 2011

A / proposito


Da gennaio mi metto a dieta. Da gennaio vado in palestra.
Da gennaio comincio il corso di arabo avanzato e parto alla ricerca del sacro vaso da portare in salvo. Così ragionerebbe una mente assennata, efficiente e lungimirante all’inizio di un nuovo, lunghissimo anno. All’inizio di un faticoso cammino. Dell’ennesimo tracciato in salita (per fortuna). E così farei anch’io. Se non avessi a che fare con una testa calda, scapigliata (in ogni possibile senso che vi viene in mente) e scanzonata come quella che mi ritrovo. Niente di tutto ciò. Punto. Ecco la mia lista.
Ecco i miei buoni propositi per il 2011.
Ecco tutto quello che mi passa per la testa e per il cuore.
Tutto quello che davvero vorrei fare. Guai a chi metterà i bastoni fra le ruote (io proverò a non fregarmi da sola).

- Scrivere una lista dei buoni propositi
- Evitare la voce scrivere una lista dei buoni propositi nella lista dei buoni propositi
- Costruire un aquilone
- Andare a lavoro in bicicletta
- Tuffarmi in mare vestita, con la giacca, le scarpe e i calzini
- Ringraziare il bagnino
- Imparare a dire sì senza pensare, a non annuire sempre,
a fare il pane
- Dare una festa per il mio compleanno
- Un senso alla mia libreria (la sovrapposizione casuale dei volumi in pile pericolanti evidentemente non lo è)
- Fidarmi meno dell’istinto, più di Freud
- Lasciare a casa il cellulare
- Evitare lo spuntino notturno (plurimo e aggravato)
- Accettare l’idea che il mio gatto mi frequenti per interesse
- Seguire un corso di fotografia
- Disertare il lancio del bouquet alle nozze di Agnese
- Aspettare il tempo che manca
- Inventarmi una ninna nanna
- Dormire sotto le stelle
- Tornare a Stoccolma
- Aggiornare più spesso il mio blog
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